lunedì 24 dicembre 2007

BUON ANNO




... mantenere le amicizie, ascoltare buona musica, magari un jazz di Charlie Parker, leggere un libro, vedere molti film (d’autore?) onorare il padre e la madre... viaggiare spesso, fare mangiate colossali, bere vino a fiumi, fare all'amore... fare all’amore… Questo è il mio augurio per tutti voi... Buon Anno!
Luca

martedì 18 dicembre 2007



Presto... ispirato dall'omonimo e spettacolare film di Todd Haynes.... "Io non sono qui" il mio tributo a Bob Dylan, PROFETA, POETA, MUSICISTA E... MITO!!!!




mercoledì 12 dicembre 2007

domenica 9 dicembre 2007


"Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto"
da "Smisurata preghiera" di Fabrizio De Andrè

FUMO DI OSLO


Come in quel film in cui Alberto Sordi, antiquario nel perugino se ne va a Londra per stare nell' alta borghesia stanco della grettezza provinciale nella quale viveva... ma quello era "Fumo di Londra"...


Ore 13:37......................... Mentre il mio sguardo s'abbandona all'incanto dei paesaggi scandinavi, butto giù due righe per raccontare la mia esperienza, il mio viaggio...
La penna me l'ha prestata il conducente del pullman. la mia è smarrita, persa nell'abisso di di follia e disordine dell'alloggio di Karlstad... Roberto starà dormendo come un bambino mentre io, animato dalla mia solita testardaggine, sono saltato sul primo pullman con destinazione Oslo, Norvegia, la terra di Munch!
Così, mentre sull' i-pod( un regalo!!!) passano come frecce le note di "Aida" di Rino Gaetano io m'abbandono (e 2!!) a scrivere su quest'agenda che prima di me fu di Hemingway e Picasso (non proprio questa!). E in testa ho 1000 pensieri; com'è facile scappare da un posto di 90000 abitanti, com'è difficile scappare da se stessi (neanche se sei Eddie Mercx!)...
E ora penso: "cazzo Luca... ti fai 'sto viaggio a 250000 km di distanza, conosci un sacco di gente, di culture diverse e non riesci ad uscire dal tuo piccolo mondo del cazzo? NO... NO... NO!!!!!!
Libera l'istinto, hai la possibilità di viaggiare, di vedere cosa c'è fuori e la licenza poetica per scriverne... Kerouac non aveva radici in nessun posto... lui doveva andare... il vecchio Jack!
Pensi forse che Ernest Hemingway una volta dentro la Boteguita del Medio, nel bel mezzo dell'Havana, nel cuore di Cuba, si fosse messo a pensare ad altro? NO!!!! Il vecchio hem se ne stava lì a scolarsi il suo buon rum e scoparsi qualche bella cubana senza grilli nella testa, nell' attesa di piantarsi una pallottola di fucile in testa!
Ma torniamo al viaggio... M'è venuta l'ispirazione! Spengo l i-pod (non me ne voglia Rino...)
unico contatto con il mondo reale, tecnologico...
SCRIVO... SCRIVO.... SCRIVO...
Oslo è la città più cara d'Europa dicono... attento al portafogli! Me ne frego... non è che abbia molto da spendere... Spero di essere stato un buon amico per Roberto... sicuro che la mia visita gli ha fatto piacere, un pò meno le mie abitudini...
"Dio solo sa se questa città ha alberi" (omaggio folle ai Verdena!)
Las gente di Karlstad, o meglio che abita Karlstad, gente semplice che si diverte con poco, m'è entrata dentro come un getto d'eroina pura nelle vene! (omaggio folle a Kerouac, "sulla strada")
Mi 'spiace lasciare 'sta gabbia di matti. Ma questo è un altro capitolo, questo è.........
L'appartamento svedese...
Mi sono appena perso un piccolo cimitero svedese dove le anime dei morti riposano in pace sotto 2 metri di neve!
AMEN!
Dicevo... mi dispiacerà lasciare Karlstad, cittadina senza pretese, animata dai party degli studenti stranieri (ma non estranei!) venuti qua in cerca di se stessi ( si saranno trovati?)
Il sor Matteo L., da Roma, pariolino-annoiato-amante-degli-sport-estremi, ma senza far pesare il suo status sociale... un ragazzo semplice in fondo... ho passato più tempo con lui che con Rob imparando a conoscere anche l'altra faccia, quella buona della medio alta borghesia romana.
La ragazza, Mery un peperino tutto saffico, un'ambiguità sessuale! Una ragazza molto simpatica... DIVERTENTE! un pò mi ricorda Francesca
, la ragazza di Ale.
Mike Ros, una sagoma! Olandese, soprannominato L'Orso Yoghi per il modo in cui parla...
E poi... Eelco Zijl, gli spagnoli( Alba e la sua amica intrigante della quale non saprò mai il nome!),
Andreas Johansson, Martin Nillson, le olandesi di Rosenborg (senza parole...), i francesi (Tanguy, Sevan, Mathieu), le cinesi, il messicano e Katia... finlandese da madre estone con la quale poteva nascere una bella amicizia se solo io non fossi stato così preso da altro e lei così... LOGORROICA... carina comunque.... molto
Ore 14:11 L'altoparlante del pullmann, mi strappa via da questo momento di tenerezza... sono in Norvegia! Manca ancora un'ora ad Oslo... mi rimetto a scrivere... Dicevo di Mike Ros che non toglie mai il cappello, che prepare uova e pancetta negli orari più strani, che suona musica folk!! Un tipo simpatico, dicono all'alloggio che con me ha parlato più che con tutti gli altri, dicono che parli poco.
faccio una pausa... devo chiedere il permesso al vecchio hem? >chissà se ti stancavi mai di scrivere tu, vecchio ubriacone!
Bah... io m'abbandono a contemplare i boschi norvegesi...
A dopo

sabato 3 novembre 2007

giovedì 27 settembre 2007

VAMOS A MATAR COMPANEROS!!!


PLANET TERROR regia di Robert Rodriguez


Planet Terror, di Robert Rodriguez, avrebbe dovuto uscire con Death Proof di Quentin Tarantino per formare Grindhouse (e questo lo sapete tutti). Divisi dalla nascita (evabbè!) ci siamo beccati la pellicola di Tarantino qualche mese fa e Planet Terror avremmo dovuto vederlo ad ottobre…
Ma non è la seconda parte di un altro film, è un film a sè stante.Per intenderci, negli USA Grindhouse è uscito come doveva essere, cioè un "due in uno", costituito da Death Proof e da Planet Terror (due film assolutamente indipendenti tra loro, il primo girato da Tarantino, il secondo da Rodriguez), con in mezzo alcuni trailer "fittizi" (nel senso che i film pubblicizzati da questi trailer non esistono). Nelle intenzioni dei due registi, Grindhouse voleva essere appunto un omaggio ai "B-Movies" di una volta. Con un solo biglietto ti potevi godere due film e nell'intervallo tra un film e l'altro venivano proiettati i trailer di altre pellicole del genere. In Italia hanno "ben pensato" di proporre i due film separatamente e di cancellare i trailer (che, sono godibilissimi!)...della serie "come rovinare uno spettacolo per spremere più soldi agli spettatori".

Gli americani hanno visto il film "vero", cioè l'opera come concepita dai registi. Un pezzo unico con 4 finti trailer nelle pause, punto.Il resto del mondo grazie alla pensata dei biechi distributori, ha visto o vedrà due monconi completamente arbitrari, allungati con scene scartate dai registi, senza i trailer! (che oltretutto sono fenomenali, ad esempio” Machete”)Boicotto questo aborto completamente irrispettoso della volontà di due artisti.

Ma torniamo al film…

Il titolo del mio articolo, omaggio al western di Sergio Corbucci con Tomas Milian, Jack Palance e Franco Nero, ci sta tutto!
Questo Planet Terror è splatter allo stato puro, sangue a fiotti e violenza con la v maiuscola! Qui si parla di zombies e di gente il cui unico problema è quello di non finire le cartucce nel loro fucile.
Alcuni gli hanno affibbiato un significato politico, come un'America infettata dalla violenza e dalle guerre, per altri è solo l’ultima frontiera del trash…
La verità è che non c'è molto altro da raccontare. Nulla a che spartire con la trama scritta da Frank Miller per il suo primo “Sin City”.
Nel cast figurano Josh Brolin e Jeff Fahey( il suo personaggio è esilarante!) già visto ne Il tagliaerbe , ripescati dal dimenticatoio, proprio come Mickey Rourke in Sin City e Kurt Russel in Death Proof… La sensuale ( vedere per credere!) Rose Mc Gowan (una protagonista femminile con un mitra al posto della gamba non è cosa da tutti i giorni!!!), Freddy Rodriguez e Naveen Andrews, divo della serie tv Lost… per non parlare del vecchio Bruce (Willis), in formato zombie e dell’ intramontabile icona trash Quentin Tarantino (anche qui nei panni di attore)!!!
Planet Terror, per il quale Rodriguez si è ispirato al film Incubo sulla città contaminata non ispira particolarmente, se non per i riferimenti a Mad Max, agli zombie di Romero, alla solita Macchina Assassina e soprattutto al ciclo “La casa” di Sam Raimi, in particolare ad Ash e al film ”L’ armata delle tenebre”. Eh si, perchè il mitra attaccato alla gamba mozzata di Cherry (Rose McGowan) non è che un appannato riferimento alla mitica motosega di Ash alias Bruce Campbell, mentre per quanto riguarda gli zombie, negli ultimi anni ne abbiamo viste di cotte e di crude... Era proprio necessario un ennesimo zombie-movie, soprattutto dopo Dal Tramonto all'Alba - From Dusk Till Dawn proprio di Tarantino e Rodriguez?
La tentazione di lasciarsi andare al sonno mentre gli zombi sgranocchiano civili indifesi è forte. Ma il divertissement trash di Robert Rodriguez tiene ben svegli fra squartamenti ed esplosioni, conciliando gore e risate. Non ci si esalta, ma quantomeno non ci si appisola.

giovedì 6 settembre 2007

MOSTRUOSAMENTE UMANO - IL MONDO (IN BIANCO E NERO) DI DYLAN DOG



"Se è cambiato Dylan Dog?Certo che è cambiato, perché sono cambiati i miei gusti, quelli degli sceneggiatori e dei disegnatori. All'inizio c'era l'horror, lo splatter.. poi sono entrati i temi sociali, politici; si è evoluto ,o involuto.. chissà?Oggi mi piace pensare che sia diventato una sorta di commedia, un Arsenico e vecchi merletti"
Tiziano Sclavi


"Oltre alla fantascienza, l'altra serie del 1986 potrebbe essere Horror.. Secondo me val la pena di tentare!"
Con queste parole, Tiziano Sclavi, in una brevissima relazione presentava il progetto Dylan Dog, all'editore, nella primavera 1985.
Nove anni dopo, il sottoscritto impugnata una bibita, sorseggiandola avidamente, dopo aver scavato a fondo nella collezione della cugina, cominciava il ballo, giuda ballerino!!
Duecento numeri, 20 anni abbondanti da quell'ottobre 1986 quando un albo dalla copertina nera e dal titolo "L'alba dei morti viventi" fece la sua comparsa nelle edicole italiane. Lo firmava Tiziano Sclavi, lo disegnava Angelo Stano e lo pubblicava Sergio Bonelli, l'editore di Tex.. Fu una scossa: per l'editoria, per il fumetto, per il costume.
Dylan Dog è il nome provvisorio che Tiziano Sclavi dà a tutti i suoi personaggi prima che gliene venga dato uno definitivo.
Nasce dalla passione di Sclavi per il poeta gallese Dylan Thomas, mentre Dog da un libro che vide in vetrina e che si intitolava "Dog figlio di..."
Vediamo un attimo di fare il punto della situazione. Riordinare le fila del discorso..
Dylan Dog è inglese, abita a Londra al 7 di Craven Road (perché Sclavi volle fare un omaggio a Wes Craven, il famoso regista cinematografico creatore di Nightmare e Scream) e fa l'indagatore dell'incubo.
Avete capito bene...
L'indagatore dell'incubo..
Una volta ha fatto parte di Scotland Yard, ma i casi della vita l'hanno convinto ad abbandonare la polizia per inventarsi questa buffa professione che lui stesso ammette di non comprendere. Ha uno pseudo-assistente, Groucho, una citazione vivente del grande attore comico degli anni Trenta Groucho Marx, un amico-quasi padre, l'ispettore Bloch, sempre sull'orlo della pensione anticipata, un padre vero e misterioso dotato di poteri paranormali..

Indossa sempre la stessa "divisa", un paio di Clarks, camicia rossa e giacca nera.. si muove su un maggiolone cabriolet targato DYD 666, odia gli aerei (come il sottoscritto!!), gli alcolici (essendo un ex alcolista), soffre mal di mare e vertigini, suona il clarinetto per rilassarsi, è vegetariano, si distrae montando il modellino di un vecchio galeone che in realtà racchiude un grande segreto, è dotato di un quinto senso e mezzo, usa la buffa espressione "Giuda Ballerino" (Esiste un'espressione inglese analoga: Jumpin' Jehoshaphat… tradotto: Giosafatte Salterino. Giuda Ballerino era anche un'espressione tipica di un amico di Sclavi che traduceva libri di fantascienza per la rivista Gamma. Probabilmente tradusse anche Allamagoosa. Così Sclavi rubò questa esclamazione al suo amico e la regalò a Dylan).
Ha un campanello che invece di suonare urla (come nel film "Invito a cena con delitto") e una tariffa giornaliera di 50 sterline più le spese, che però raramente riceve perché ogni volta s'innamora della nuova cliente che lo ha assunto.

Ci sono il mondo, la vita, la realtà.. Ma nell'universo dylaniato, che cosa rappresentano questi tre concetti? “Andrò a scuola... Prenderò la laurea... Mi sposerò... Mio padre morirà (facciamo le corna!!)... Troverò un posto sicuro, impiegato statale... Mia moglie mi tradirà e io non dirò niente, per non far crollare il mondo... E poi?”
Chi compie queste riflessioni è un embrione, l'embrione di un uomo che sta per morire (è troppo difficile da spiegare così su due piedi.. Leggetevi Storia di nessuno n.43 e capirete tutto, FORSE).

Vi starete chiedendo poi cosa succede.
"E poi basta.. Dio mio che orrore.. Eppure vorrei che continuasse questo orrore"
Ecco. Il mondo, la vita, la realtà, sono nelle storie di Dylan Dog un orrore. Anzi, sono l'orrore. L'orrore irrinunciabile dell'incomunicabilità e del disamore, del deserto d'affetti, della ripetizione insensata degli avvenimenti.
Cosa dite?
Ah.. Cominciamo bene?
Beh, in effetti..
Studiato, analizzato, idolatrato Dylan dog è ormai un culto per migliaia (milioni?) di lettori. Dyd non è soltanto il nome di una testata a fumetti. Dylan Dog è "l'eroe di carta e inchiostro più famoso di questi anni" come lo ha definito Angelo Calvisi. Dylan Dog è il personaggio ricorrente di una serie di "romanzi disegnati" che mescolano cinema e letteratura, musica colta e musica leggera, orrori indicibili e languide dolcezze. Anche questo "articolo", dunque, è a suo modo un viaggio..
Un incubo, forse..
O forse un sogno.
Stavolta ho finito, sul serio..

DA LEGGERE
74 - Il lungo addio Ideazione e sceneggiatura : Tiziano Sclavi Soggetto:Mauro Marcheselli Disegni: Carlo Ambrosini Copertina: Angelo Stano Data : novembre 1992
84 - ZED Ideazione, soggetto e sceneggiatura : Tiziano Sclavi Disegni: Bruno Brindisi Copertina: Angelo Stano Data : settembre 1993

venerdì 31 agosto 2007

BUON COMPLEANNO "ON THE ROAD"


Ecco la versione proibita di "On the road": sessoesplicito nel romanzo di Kerouac censurato nel '57
NEW YORK (21 agosto) - «On the Road» (Sulla strada), il romanzo-mito di Jack Kerouac, culto della "Beat generation", compie mezzo secolo. E a 50 anni dalla sua uscita - era il 5 settembre 1957 - gli Stati Uniti celebrano la ricorrenza con una nuova edizione dell'opera senza censure. Si potranno leggere così per la prima volta le scene erotiche amputate mezzo secolo fa e i nomi dei veri dei protagonisti, precedentemente coperti, dell'avventuroso viaggio sulle strade americane. Allen Ginsberg, Neal Cassady e William Burroughs perdono così i loro pseudonimi e vengono indicati con i loro veri nomi; altri eroi del romanzo vivono apertamente la loro omosessualità e altri si mostrano attratti senza troppi pudori dalle ragazzine. L'edizione del cinquantenario di «On the Road» contiene più sesso esplicito, ha assicurato Penny Vlagopoulos, professoressa di letteratura americana alla Columbia University di New York.Simbolo di liberazione e di rottura dei costumi sociali, «On the Road» finora ha venduto nel mondo oltre 3 milioni di copie, è stato tradotto in 25 lingue e ha trovato posto nelle antologie di letteratura inglese. Ogni anno inoltre, solo nelle librerie nordamericane, se ne continuano a vendere 100.000 copie. I cinquant'anni di "On the road" verranno festeggiati anche con mostre, conferenze e un film, prodotto da Francis Ford Coppola e diretto dal brasiliano Walter Salles, che comincerà a essere girato l'anno prossimo. Ma l'evento clou si terrà a novembre, quando una grande mostra alla New York Public Library presenterà il manoscritto originale di «On the Road», acquistato da un collezionista privato nel 2001 per 2,4 milioni di dolari.Per l'anniversario Viking Press pubblica contemporaneamente la riproduzione del manoscritto originale e la versione di 408 pagine senza tagli della storia conosciuta da milioni di lettori nel mondo. «La versione che noi conosciamo non è molto diversa dall'originale, ma quest'ultima ha uno stile più sperimentale, che dona al lettore la sensazione di partecipare all'esperienza letteraria che coltivava Kerouac nella sua mente», ha aggiunto Vlagopoulos. «La versione originale non fu pubblicata subito per evitare guai con persone che si sarebbero potute sentire diffamate o attaccate per i loro comportamenti privati», ha commentato John Sampas, esecutore testamentario di Kerouac. «On the Road» venne scritto di getto nel 1951 da un modesto scrittore del Massachusetts appena balzato all'attenzione della critica con «The Town and The City». Fino ad allora Kerouac, nato nel 1921 e morto nel '69, era stato un giocatore di football di belle speranze e un cuoco della Marina in guerra congedato per nevrosi con qualche precedente penale e problemi con alcool e droga. Sua l'espressione con cui sarebbe stata poi ricordata tutto il suo gruppo, "Beat generation", di cui facevano parte molti altri scrittori e artisti, tra cui spiccavano Allen Ginsberg, William Burroughs, Neal Cassady.Per la società dell'epoca, molto conservatrice e impaurita dalla commissione McCarthy e dalla caccia ai comunisti, nel libro di Kerouac c'erano troppo sesso e troppa libertà e le case editrici esitarono molto a pubblicare il romanzo. Dovettero passare infatti ben sei anni prima che, nel 1957, la Viking Press, si decidesse alla fine ad accettare il libro e a mandarlo in libreria negli Stati Uniti. Ma il successo fu invece inaspettato ed eccezionale. Disse William Burroughs: «On The Road spedì un'infinità di ragazzi sulla strada; l'alienazione, l'inquietudine, l'insoddisfazione erano lì che aspettavano quando Kerouac indicò loro la strada».

martedì 28 agosto 2007

GIOCHI O NON GIOCHI?????????


Questo blog è dedicato a Jack Kerouac, le uniche persone per lui sono i matti .... quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai un luogo comune , ma bruciano , bruciano , bruciano ...

ASPETTANDO BUKOWSKI




Leggende? Chissà? E ancora da vedere… comunque questo tipico spazio dedicato a miti del passato e ad eroi del presente, per questo mese sciopererà a favore di una piccola pubblicità di questo nuovo scrittore in erba, di quell’uomo che poi è infine anche il curatore del medesimo spazio (cioè io); non me ne vogliano i caporedattori, e se me ne vorranno… chissenefrega!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Questo romanzo era un foruncolo che faceva male, andava fatto sanguinare e pulito


Tutto ebbe inizio un paio di anni fa… a quei tempi non me la passavo tanto bene; me ne restavo ore e ore a guardare fuori della finestra della mia camera d’albergo, in cerca di ispirazione fissando la tela bianca. DRIIIIIIIIIIIIIIIIINNNNN, il telefono squilla, DRIIIIIIIIIIIIIIIIINNN, squilla, squilla e squilla, “lo lascio squillare ?” – “No, no magari è… ma no, che dico? con lei è finita, ha trovato la pace interiore con quell’altro… però forse c’ha ripensato, vuole tornare con me…” DRIIIIIIIIIIN, DRIIIIIIIIIIIIIIN.

Prima di conoscere Artemisia ero una persona con degli interessi, non che le donne non mi interessassero, ma vivevo della mia arte… sai com’è l’arte redime il suo artista…
Lasciate che mi presenti, trentatre anni, professione pittore, o meglio fallito in erba, e sono sbronzo di vita; non ho mai venduto un solo quadro, e mi sono sbronzato il giorno (o meglio la sera) della mia unica mostra. ‘Sti critici da quattro soldi giudicano i miei dipinti troppo violenti e crudi; CHE SI FOTTANO!!!
Una volta convivevo con Artemisia, ma lei un giorno se ne è andata con un ingegnere belloccio e pieno di grana, ed io lì… con la mia solitudine a scolare litri di vino e birra scadente danese… non sono un alcolizzato però, sono un artista; Bukowski diceva : - Non essere depresso se la tua donna ti ha lasciato, ne troverai un'altra, e ti lascerà anche quella -, che si FOTTA PURE BUKOWSKI. DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIINN, DRIIIIIIIIIIIIN… Sarà un altro invito da quelli della tribù snob, quegli aspiranti scrittori, poetuncoli da quattro soldi, e frocetti, per giunta; il mio esistenzialismo a volte mi distrugge, ma spesso sono la prima persona ad esserne depresso… DRIIIIIIINNNNNNNN.
“Sì?”
“Luke?”
“Che vuoi?”
“Sono Salvator!”
“’ZZo vuoi?”
“Niente, stasera si va tutti, in quel locale sulla 66esima a sentire un reading delle poesie di Ginsberg, sei dei nostri.”
Odiavo Ginsberg un vecchio santone, pseudo poeta mangia cereali, e cosa ancor più sorprendente per gli altri, odiavo Kerouac, la beat generation ed i reading di poesia, quei salottini frequentati da pseudo intellutuali che si chiudono nel loro mondo persi nei loro quotidiani deliri poetici insomma, io e la mia arte ci bastavamo…

“Allora ci sei ancora? Vieni?”
“NO grazie andate pure senza di me, ho ancora molto lavoro da fare…”
“MMM sei sicuro?”
“Sì assolutamente, a presto!”
“Ok, ciao!”
“Stronzo” pensai tra me e me… “mi rimetto a letto”, pensai ancora, forse dopo un buon bicchiere e una buona dormita mi verrà l’ispirazione… dipinti violenti, bahh, manica di coglioni, neanche sanno cos’è la violenza!!
Fissavo la maschera africana attaccata al muro, viaggio in Kenya con il mio amico Rob, a fotografare elefanti, per una campagna contro i bracconieri; pagavano bene almeno… avrei dovuto scrivere la prefazione di un certo libro… ah già perché scrivo anche, ogni tanto, a tempo perso…
Tracannai due bicchieri di vino, mi accesi una sigaretta; e pensai: “Che vita di merda” Non viaggiavo più, la mia donna mi aveva mollato, ma soprattutto non dipingevo più… e non avevo amici, beh qualcuno c’era… ma le persone che frequentavo di tanto in tanto, non potevano considerarsi amici…
Sicuramente li avrei rincontrati tutti nel loro viaggio nella mediocrità.

A Jack ...

venerdì 24 agosto 2007

DIARIO DI VIAGGIO

Edward Hopper, " Nighthawks"

23/08/2006

Non credo che l' interrail sia una bufala, no.. solo comincio a pensare che se avessimo saputo dei quasi 100 euro di supplementi da pagare forse, dico forse avremmo scelto una soluzione diversa...
MA NON LO SAPEVAMO!
Peciò siamo alla stazione di Màlaga, aspettiamo il treno per Siviglia. Malaga non mi è piaciuta molto, ma forse come mi piace pensare non l' abbiamo visitata per niente e nasconde una dolcissima bellezza, fatta di poesia e di vicoli ciechi.
Camminando per le sue strade si sente un odore di pane appena sfornato misto allo stantio delle cantine; quasi ad ogni anglo, un bar: le signore dentro che consumano una baguette ripiena di prosciutto e formaggio e sorseggiano avidamente cafè con leche, come lo chiamano qui.
Per il resto molti cantieri, operai al lavoro, un porto ed una via principale con negozi che non mi entusiasmano; soltanto una libreria, molto sobria dove ho comprato una raccolta di poesie di Federico Garcia Lorca per mia madre.
Qualche volta si possono sentire i versi del poeta riecheggiare per la città.
Sono seduto a fare la guardia ai due borsoni mentre Antonello sta pagando un altro supplemento, l' ennesimo per arrivare a Siviglia dove incontreremo Totò, al tempo Salvatore Di Luccio, un napoletano verace, un cicerone mai distratto, conosciuto per le strade di Valencia.
Nonostante abbiamo sempre dormito nel comodo letto di un ostello( tranne due notti in tenda n due campeggi!!), nonostante ci siamo sempre fatti almeno una doccia al giorno, siamo provati dal viaggio.
Mi è cresciuta la barba, sono un pò sciupato ma sono vissuto, un uomo di mondo!
Forse stasera mi raderò o forse no. Non saprei come dire... sento che tutto ciò mi appartiene.
Il treno è partito alle dodici, è appena passato il controllore; io sto seduto dal lat del finestrino, ovvio!
Davanti a me scorre un paesaggio rurale di un' andalusia che fino ad ora poco mi ha coplito. Solo i vicoli stretti di Granada, l' odore intenso di spezie, il fumo dei narghilè ( non ho resistito, ne ho comprato uno!), suono di jembè... sembra di stare in Africa! L' Alhambra, il magnifico palazzo voluto da Ismail I, Yussouf, insomma da tre sultani, simbolo del dominio arabo in Spagna, si erge fiera agli occhi della gente, come se volesse in qualche modo dire:" guardate quanto sono bella!"
La radio sul treno sta passando un brano di musica jazz, che evoca in me la visione di un ghetto ebraico, non so perchè.
Già me lo figuro, il narghilè, sulla mensola della mia camera, che a me piace definire " un minestrone di etnie"! Forse non lo fumerò mai, o forse tutte le sere.
Mi addormento...

giovedì 23 agosto 2007

Dentro il cappello...niente!!!


Poesia, passione e una buona dose di romanticismo caratterizzano l’universo musicale dei “Cappello a Cilindro”. Anagraficamente giovani (età media 26 anni) ma artisticamente maturi e con le idee molto chiare, i “Cappello a Cilindro” vantano già numerosi premi e riconoscimenti in importanti manifestazioni come Pieve Rock Festival 2002, Risonanze 2002, MEI 2003, Umbria Rock 2004, per citarne solo alcuni. Seguiti con attenzione dalla critica, non tardano a ricevere entusiastiche recensioni per la pubblicazione di “Poeticherie”, il loro album di esordio: un piccolo capolavoro fatto di storie, immagini, poesia, emozioni, da scoprire ascolto dopo ascolto, dove il mondo semplice ed affascinante della provincia fa spesso da scenario naturale alla loro musica che risente delle influenze delle feste di piazza e della tradizione popolare, non solo italiana. Tredici canzoni (con una cover di "Guarda che luna" di Buscaglione) che si muovono fra canzone d'autore e folk, fra ballate poetiche e delicate, marcette trasognate e danze popolari. Gli arrangiamenti puliti e preziosi e la produzione raffinata uniti alla bellezza toccante delle parole del compositore del gruppo Emanuele Colandrea (voce, chitarra acustica) fanno di questo disco un’opera prima assolutamente degna di lode. Completano la formazione Corrado Maria De Santis (chitarre), Matteo Scannicchio (pianoforte, tastiere, fisarmonica), Augusto Pallocca (sassofoni), Simone Nanni (tromba, flicorno), Paride Furzi (contrabbasso, basso), Fabrizio Colella (batteria).

Licenza Poetica

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ognigiorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi nonrischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero subianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di unosbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davantiall'errore e ai sentimenti.Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sullavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire unsogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire aiconsigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chinon ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamentechi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa igiorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi nonfa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando glichiedono qualcosa che conosce.Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivorichiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto direspirare.Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

P. Neruda

Mostra Fotografica


William Claxton - il Fotografo del Jazz

venerdì 6 luglio 2007

LA NOTTE IN CUI HO SCOPERTO IL BOSS: IL MIO TRIBUTO A BRUCE SPRINGSTEEN


Eccomi lì, tredicenne, con gli occhi sbarrati, intento ad ascoltare “Senza averti qui” degli 883come se fosse una specie di mantra adolescenziale utile a calmare il folle desiderio di soffiare Gi*****, la più carina della classe, a quel tesoro sciropposo e pieno di grana che era il bel fusto eroe e capitano della squadra di basket. Sognavo ad occhi aperti di portarla da Frullallà* a bere il frappè di fragole della signora Patty. E baciarla sino a consumarci le labbra.ZZZRRRIIIPP!! Il suono del lettore cd che si era impallato mi strappò da quel momento di tenerezza.Il ragazzo di mia cugina, più grande di me di dieci anni, sul punto di commettere un omicidio, stufo di sentire “Sei un mito” prese prontamente il cd e lo scaraventò con violenza nell’abisso di disordine della mia stanza.<<>> sibilò, <<>> Io sedevo lì profondamente inferocito come solo gli adolescenti sanno essere, tornando alla realtà.Lui afferrò un disco dalla sua collezione e lo mise su: <<>>”Ok, stronzo”, pensai “mettilo su sentiamo”.La musica iniziò – Chitarra, basso, batteria e un imbecille in pena che canta “Baby questa città è una trappola mortale, un inno al suicidio”.”Merda” pensai “questa è musica per fighette.” La canzone proseguì “…dobbiamo uscirne, finché siamo giovani, perché i vagabondi come noi, Baby, sono nati per correre…”Le parole cominciarono a riempire la casa; non si sentiva roba del genere alla radio e mano a mano che la melodia si diffondeva cominciavo ad abituarmi. CAZZO! e mi piaceva pure. Era un suono a cui non avevo mai prestato attenzione prima, a causa della mia innata paura per Woodstock & Co.Non me ne fregava niente di Terry, di una dolce e infuocata estate, di un lento sulla spiaggia di Stocktong Wing!Avevo bisogno di spazio da riempire, di chitarre distorte, feedback e parole. PAROLE con un significato, SUONI con un significato!!Mi ritrovai a rovistare, a scavare selvaggiamente nella collezione di dischi di M., il ragazzo di mia cugina, come fosse un tesoro appena raggiunto, una scoperta monumentale che nessuno soprattutto tra i miei coetanei poteva conoscere o capire.Ascoltai di tutto: Bob Dylan, Mozart, Brahms. TUTTO QUANTO!! Non ne avevo mai abbastanza. Ero diventato una specie di tossicodipendente e soprattutto una spina nel fianco di M.Volevo sapere tutto quello che aveva fatto, imparare tutto ciò che non sapeva quello schifoso borghese appassionato solo di basket (il bel fusto!). Mi preparavo a corteggiare quella stupenda ragazza, anziché ai tavolini di una gelateria, in pieno sole, nel paesaggio notturno dei miei sogni di adolescente.Così iniziò la mia ascesa (o discesa) nell’abisso dell’apprendimento alternativo.Un giorno M. mi diede un cd che sarebbe diventato la mia colonna sonora, che mi sarebbe entrato in testa, mi avrebbe logorato come un cancro al cervello.Il titolo “Born to run” la diceva lunga. Il disco racconta di come si sta bene in nessun posto. Una perfetta esibizione di rabbia, frustrazione dolore e gioia..All’epoca avevo circa quindici anni e la ragazza stava svanendo dai miei sogni.Non avevo più bisogno di lei.Volevo uscire nel mondo, vedere, fare e muovermi.Avevo bisogno di vagabondare quando e dove volevo!Non volevo tornare a casa – a cinquant’anni – alle 17.37 del pomeriggio. accarezzare il cane, sedermi davanti a bistecca e insalata a guardare il mio programma preferito a Milano o chissà quale altro ombelico dell’universo.Una bella vita sicuramente… ma sapevo che non mi apparteneva: questo grazie al ragazzo di mia cugina e a quell’italo-americano (la mamma, Adele Zerilli è siciliana) di nome Bruce Springsteen.Avevo trovato gli insegnanti (di lì a poco mi sarei imbattuto in un libro dal titolo “Sulla strada” di un tale Kerouac ) e la colonna sonora per la mia vita.

L'ESSENZA DELL'ASSENZIO : TORNA IL LIQUORE MALEDETTO


"L’alchimia liquida che addormenta la lingua, infiamma il cervello, scalda lo stomaco e trasforma le idee”. Così Hernest Hemingway descriveva l’assenzio. Il liquore verde brillante che fu fonte di ispirazione dei poeti maledetti e protagonista, discusso, delle notti bohemiennes parigine di fine Ottocento.
Dopo essere stata messa al bando in mezza Europa, la magica bevanda torna a deliziare i “maledetti” del nuovo millennio.
ALLUCINAZIONI, visioni multicolor, eccitazione, “uno stato di splendida follia” a dar retta a Rimbaud, che sotto l’influsso dell’elisir scrisse le sue opere più celebrate come “Una stagione all’inferno”: sono gli effetti del liquido tratto da una pianta (l’Artemisia Absinthium) che ispirarono i versi dei poeti e le acrobazie cromatiche degli artisti.
Degas, Gaugin, Toulose-Lautrec, Manet, Van Gogh (che sotto il suo influsso si mutilò un orecchio*), Picasso (cui dedicò “Il bicchiere d’assenzio” nel 1911) ne erano consumatori accaniti.
Oscar Wilde scriveva: “Un bicchiere d’assenzio… non c’è niente di più poetico al mondo. Che differenza c’è tra un bicchiere d’assenzio e un tramonto?”
Fu così che la bevanda diventò mito.
Prima simbolo dell’arte bohemienne di fine Ottocento, poi del Decadentismo del Novecento, quando entrò in clandestinità per le sue proprietà tossiche.
A riportare in vita la Fata Verde è bastato qualche segnale lanciato dall’immaginario cinematografico. In “La Vera Storia di Jack lo Squartatore” Johnny Depp, nei panni dell’investigatore Fred Abberline, ricorre alle visioni oniriche dell’assenzio per scovare il serial killer.
Tra gli ammiratori di oggi, i Bluvertigo, che gli hanno dedicato il brano presentato a Sanremo, e lo scrittore Andrea Pinketts ( “L’assenza dell’assenzio” appunto).
Bere l’assenzio è quasi un arte; e la preparazione un rito. Fondamentali le dosi: una parte di assenzio e cinque di acqua. Si mette il liquore nel bicchiere, su un cucchiaino forato (a ponte), si adagia una zolletta di zucchero sulla quale si versa qualche goccia del liquore e la si ‘brucia’. La bevanda assume un colore chiaro.
Nel secolo scorso si aggiungeva il laudano, un antidolorifico per animali, oggi fuorilegge.

*Van Gogh si mutilò un orecchio in seguito ad un litigio con l’amico Gaugin… Chissà che non sia stata una bevuta eccessiva di assenzio a scaldare gli animi?

JACK KEROUAC: STORIA DI UN POVERO DIAVOLO (O ANGELO?)


La prima volta che ‘incontrai’ Jack Kerouac fu un pomeriggio di diversi anni fa…

Mi aggiravo tra gli scaffali di una libreria che vendeva roba usata dietro casa: stavo cercando il solito libro appioppato per le vacanze dai Professori (di cui non ricordo neanche un titolo). Prima di allora non Lo avevo mai sentito nominare – tantomeno a scuola. (gli insegnamenti di Maestri come Lui, Corso, Ginsberg e Borroughs non si trovano in nessuna scuola che io conosca).
Gettai per caso l’ occhio sull’ immagine di una copertina consumata dal tempo e da qualche mano desiderosa di vagabondare macchiata di non so cosa. Niente di particolare, soltanto una Pontiac distrutta e cartelli stradali. Il titolo – “On the Road” – mi incuriosì… Così incominciai furtivamente a leggerne le prime pagine: “Jack Kerouac nasce a Lowell, una cittadina industriale del Massachussets il 12 marzo 1922…” niente di speciale (pensai). A colpirmi fu il rapporto della Marina Militare che costò il congedo anticipato all’ allora 21enne aspirante scrittore. Si parla di forti tendenze schizoidi, abuso di alcool, idee suicide, eccessiva inclinazione alla masturbazione… si… avete capito bene… eccessiva.
Insomma: chi era questo tipo strambo dal cognome francese quasi impronunciabile per la mia lingua di adolescente? E soprattutto cosa voleva da me? Sembrava come se l’ anima dello scrittore fosse imprigionata nel libro… come se Kerouac mi chiedesse di portarlo con me per un ultimo viaggio.

Henry Miller disse di Lui: “Jack Kerouac ha violentato a tal punto la nostra amata prosa che essa non potrà mai più rifarsi una verginità”.
Aveva ragione. La sua scrittura è intensa, chiama le cose con il loro nome e si ferma all’ essenziale; non cerca la suggestione né l’ effetto emotivo particolare.
Fino ad allora le mie uniche letture ‘impegnate’ erano state “La fattoria degli animali” di George Orwell e una biografia di Kurt Cobain. Così il libro passò dagli scaffali impolverati della libreria alle mie avide mani. Ero un adolescente che si affacciava al sesso: stavo perdendo la mia verginità. Da allora “On the Road” ha cambiato il mio modo di vedere le cose.

Negli anni 50/60 Kerouac fu eroe emblematico di quella “Beat Generation” alla quale ha dato il nome; l’ aggettivo “beat” vuol dire sì battuto, sconfitto, emarginato, ma più di ogni altra cosa vuol dire ‘beat-itudine’, che proprio Lui ha cercato per tutta la vita senza mai trovarla, e di cui, invece, Dean Moriarty (al secolo Neal Cassady) protagonista del romanzo pare maestro.

Kerouac si fece portavoce dei sogni di due e più generazioni; sogni di ribellione, sogni di viaggi, ma soprattutto sogni di fuga da quella società ormai degradata dal consumismo… lo stesso consumismo di cui oggi Jack Kerouac è vittima: più mitizzato che conosciuto! alla stregua di “Che” Guevara, Einstein, Marilyn Monroe e la “Gioconda”. Già perché quando un’ immagine viene riprodotta migliaia di volte, diventando riconoscibile a tutti, entra nel mito: pensate ad Andy Warhol che ha reso ”icona sacra” un barattolo di fagioli!!! Dunque non c’ è da stupirsi se oggi Kerouac ha “battezzato” centinaia di bar e “venduto” milioni di Levi’ s. L’ apice lo ha raggiunto il ‘solito’ Johnny Depp (non me ne voglia) che ha sborsato 10mila dollari per un Suo impermeabile!!! Roba da pazzi!!!

Non ho ancora capito chi fosse Jack Kerouac e forse non lo capirò mai. Ma cosa potrebbero dirvi - ancora - professori, saccenti, biografi (qualsiasi riferimento a Fernanda Pivano è puramente casuale…) su questo angelo (o diavolo?) che una volta camminava tra noi, anche se, forse, ad un passo da terra?



Ps: Jack Kerouac – nato nel 1922 a Lowell – è morto nel 1969, in Florida, di cirrosi epatica.